A due settimane dal Seminario di Berlino, di cui abbiamo parlato in un altro post, ci avventuriamo per un nuovo seminario nel profondo nord est Goriziano, terra di meravigliosi gulash, di ottimi affettati, di gubana e di vini niente male ma più recentemente terra che ha dato i natali ad un ragazzo che qui nessuno intende dimenticare.
Il palazzetto dello sport C. Zimolo è una struttura piuttosto grande che ospita, come abbiamo avuto modo di constatare durante il seminario, diverse attività, dal basket alla pallavolo. Da segnalare nei pressi del palazzetto una, per nulla tipica ma ottima rumeria nella quale abbiamo passato una bella serata alla fine del primo giorno di pratica.
Per quanto riguarda il tatami lo spazio a disposizione è stato adeguato, nonostante la buona affluenza di praticanti durante tutte e due le giornate di sabato e domenica. Purtroppo gli spogliatoi sono stati particolarmente affollati, data la concomitanza con diverse attività, ma ad un vero aikidoka lo spirito di adattamento non manca.
Personalmente faccio un plauso particolare all’organizzazione del seminario che non ha fatto mancare bottigliette d’acqua minerale nella sala di pratica e frutta fresca ed altri generi di conforto in una saletta adiacente adibita a ristoro.
Sono attenzioni che si tende a sottovalutare ma contribuiscono alla soddisfazione di chi partecipa a questo tipo di eventi e più in generale denotano un certo livello di organizzazione e di cura.
All’evento ho potuto ritrovare diversi praticanti, vecchi e nuovi compagni di tatami provenienti da Italia, Slovenia, Croazia e chi più ne ha più ne metta.
Fra gli amici ritrovati faccio una menzione d’onore agli altri due folli con i quali condivido questo progetto, sperando che in un prossimo futuro si possa riuscire a coinvolgere attivamente sempre più persone.
La pratica è stata un piacevole crescendo di intensità da sabato a domenica ed è stata molto variegata e godibile, nonostante io fossi arrivato al seminario con qualche problemino ad una spalla, alla quale ultimamente non ho concesso, tra lezioni e seminari, un po’ di necessario riposo.
Per l’appunto uno dei temi che mi sono portato a casa da questo seminario è il concetto di pausa.
In musica la pausa fa parte dello spartito ed ha una precisa durata esattamente come le note suonate, senza non si potrebbe avere il ritmo e quindi sarebbe impossibile creare la melodia.
Nel teatro i silenzi sono fondamentali tanto quanto le battute scritte e molto più difficili da recitare, penso all’incisività delle pause nel teatro di Eduardo de Filippo, a quei silenzi sostenuti da occhi profondi e guance incavate, in grado di creare un pathos ed una drammaticità che mille parole non basterebbero.
Nella fotografia in bianco e nero l’essenzialità data dall’assenza di colore è compensata da due fattori opposti che disegnano luci e scavano ombre e trasmettono il senso del vuoto e del pieno, fissano i dettagli essenziali senza introdurre distrazioni e conferiscono dinamicità o staticità alla scena.
Sul tatami questo si traduce con il ritmo, che è fondamentale tanto per per gli esercizi quanto per le tecniche.
In arti marziali come il karate per indicare il ritmo si usa il termine yoshi che è generalmente abbinato ai concetti di percezione (yomi) e distanza, che insieme formano una triade che prescinde dall’insegnamento della tecnica in sé e che deve essere ricercata dopo aver padroneggiato la tecnica.
Nella pratica dell’Aikido sia il concetto di ritmo che quello di percezione e distanza sono centrali, tanto che senza non ha senso parlare di tecnica, infatti l’idea di ma-ai nell’Aikido non è semplicemente una distanza centimetrica ma è uno spazio in relazione al tempo di un’azione e come tale include tutti e tre i concetti precedenti.
Insomma così come il silenzio ha un suono che fa parte della musica, anche l’assenza include in qualche modo una presenza e questo è un pensiero confortante.