Questo report è un po’ atipico rispetto al solito perché tratta di un seminario nel quale chi vi scrive non è sceso sul tatami per la pratica ma si è limitato a fare da spettatore, per sopraggiunti limiti di età. Ecco a voi il report dal secondo Gasshuku per bambini e ragazzi tenutosi al Ki Dojo di Firenze, al quale hanno partecipato anche i dojo di Mogliano Veneto e Lastra a Signa.
Prima di tutto però dico una cosa, l’evento è stato un assoluto spettacolo, raramente mi è capitato di vedere tanta energia e tanto divertimento tra piccoli e meno piccoli su un tatami, è stato come assistere ad una festa continua a base di Aikido che si è concluso con la consegna di magliette ed attestati di partecipazione.
Credetemi, se non ci siete stati vi siete persi qualcosa di veramente unico.
Veniamo al motivo della mia presenza, il mio scopo principale era quello di capire qualcosa in più dello stato di questo movimento che, per motivi che onestamente fatico a comprendere, in Italia sembra considerato un’attività di secondaria importanza.
In termini filosofici, i bambini sono una risorsa immensa, come mi faceva notare Mirco, se si dice che l’Aikido serve a creare un mondo migliore, forse sono proprio i bambini a rappresentare il miglior punto di partenza.
In termini più strettamente materiali, credo che numericamente questo movimento abbia un potenziale doppio se non addirittura triplo rispetto a quello degli adulti il che, in un mondo in cui le palestre richiedono numeri per concedere gli spazi di pratica, si traduce nella possibilità per i piccoli dojo e le piccole realtà di sopravvivere grazie all’aiuto dei corsi per i più piccoli.
Sono arrivato al Ki Dojo durante la pausa pranzo del Gasshuku, durante la quale sia gli istruttori che i piccoli praticanti si sono potuti rifocillare con pizza (a proposito, se mai doveste organizzare un seminario per bambini ricordatevi quella con i wurstel), frutta, gelato e quant’altro.
Durante la pausa i bambini hanno riposato giocando allegramente sul tatami ed io ne ho approfittato per fare una chiacchierata con il gruppo di istruttori che ha diretto il seminario ed ecco, più o meno, come è andata (K3 sono io).

Gli istruttori, stanchi ma felici a fine giornata (da sx: Mirco, Luigi, Marino, Rosa, Paola e Daniele)
K3: Guardandosi un po’ intorno sembra che i corsi per bambini in genere abbiano più affluenza di quelli per adulti, vi siete fatti un’idea del motivo?
Mirco: Per i bambini la nostra pratica è molto divertente, perché gli permette di abbinare movimento e gioco, forse per gli adulti questo aspetto è meno immediato. Inoltre sempre più gli adulti sentono il bisogno di un’attività che non abbia più orari, che sia sempre disponibile. Come una palestra o un centro benessere.
K3: non a caso attività non legate ad orari e strutture come il running stanno avendo un grande successo, ma ovviamente questo modello liquido non è esportabile al mondo delle arti marziali.
Mirco: Ed in particolare non è esportabile nell’Aikido direi. I bimbi invece hanno ancora gli orari schedulati, per cui l’attività di dojo rientra nella loro dimensione giornaliera
K3: che cosa della pratica in particolare attrae bambini e ragazzi verso il Ki Aikido rispetto ad altre attività?
Mirco: La differenza nella scelta dell’arte marziale di un bimbo la fanno i genitori, rispetto alle loro preferenze ed ai loro gusti, il bambino un po’ ci si ritrova.
K3: Come si sviluppa la pratica e l’insegnamento del Ki per bambini e ragazzi? Va riadattata in qualche modo?
Mirco: per me sì, totalmente, del Ki non se ne parla direttamente, c’è ma non lo spieghi.
Paola: i bambini hanno un contatto più diretto, più puro, con l’esperienza fisica, per cui la spiegazione esplicita è qualcosa che potrebbe distrarre.
K3: secondo voi questo approccio con gli adulti potrebbe funzionare?
Paola: in un adulto il corpo è più viziato da cattive abitudini, per cui non puoi fare affidamento solo all’aspetto fisico.
Mirco: Con i bimbi la parte più difficile per me è fargli capire cosa è il test, per loro è qualcosa che significa: ti spingo finché non ti sposti e se ti sposti ho vinto io, come una specie di braccio di ferro. E’ più difficile fargli capire l’aspetto relazionale del test, nel quale uno aiuta l’altro a trovare la propria migliore condizione.
I bambini hanno un contatto più diretto, più puro, con l’esperienza fisica
K3: Come sono divise le fasce di età nei vostri corsi?
Mirco: io primo turno faccio dai 5 anni ai 7-8, il secondo turno fino ai 12-13.
Paola: l’importante è riuscire a trovare un equilibrio nella costruzione delle classi.
K3: oltre all’elemento di gioco ed attività in che modo andate ad inserire elementi della pratica dell’aikido?
Mirco: l’Aikido lo fai passare in base a quello che loro sono in grado di capire, è come se dovessi tradurre dei concetti in un’altra lingua, devo trovare il modo di renderli in maniera che l’interlocutore possa capire. Il loro capire è diverso da quello di un adulto, ma gli stessi concetti e le stesse idee che porto avanti al corso per gli adulti devo portarli avanti in modo che anche i bambini possano praticarli e che non si annoino. A distanza di tempo io vedo che tutto ciò che riesco a comunicare ai bambini, poi comunque ritorna a galla con il tempo, ad esempio quando passano al corso degli adulti.
K3: l’insegnamento dell’Aikido ai bambini è conosciuto molto poco, se ne sa poco e credo se ne faccia anche poco, quindi possiamo dire che non ci sia ancora un vero metodo…
Mirco: non c’è ancora didattica. Prima di cominciare il corso dei bambini parlai con Beppe chiedendogli un consiglio e lui mi disse semplicemente: fai. In effetti io ho imparato proprio facendo ed è stata la parte più bella, perché all’inizio arrivavo sul tatami con l’idea di fare una lezione ma poi dovevo cambiare in corsa in base alle situazioni, quindi impari che la lezione nasce sul momento…
K3: come appunto diceva Beppe “la tecnica succede”
Mirco: esatto, deve venire naturale e questo può avvenire solo grazie alla sensibilità dell’istruttore che si mette in sintonia con la propria classe, che cerca di capire i bisogni dei propri allievi.
Sei tu [istruttore ndr] che ti devi adattare a loro e non loro a te. Sei tu che devi cercare di metterti in contatto con loro, di arrivare al loro livello perché la fantasia è la loro, le energie sono le loro, le idee sono le loro.
K3: Nei programmi di esame degli adulti è stata introdotta una certa continuità didattica, c’è qualcosa di analogo per quanto riguarda i bambini?
Mirco: C’è un programma d’esame che si è evoluto a partire dal programma che Iris [Scanlon ndr] usava nel suo dojo, adesso nel dojo di Mogliano cerchiamo di dare continuità al percorso dei bambini facendolo confluire negli esami per gli adulti partendo appunto con il primo esame di Ki.
K3: L’energia di questi ragazzi e bambini è incredibile e personalmente credo che nel nostro movimento sia fondamentale, si riesce alla fine del percorso a fargli fare il salto nel corso degli adulti?
Marino: Se riesci a portarli fino alla cintura marrone [fino in fondo al percorso degli esami per bambini ndr] sicuramente sì.
Mirco: Ovviamente per il passaggio deve essere l’istruttore a capire se un ragazzo può fare il passaggio senza problemi e questo bisogna valutarlo caso per caso.
Quando ti rapporti ad una classe di adulti hai due possibilità, o fai la parte dell’insegnante che si preoccupa solo di fare la sua lezione e basta oppure dici ok siamo qui tutti per percorrere insieme una strada, cerchiamo di renderlo piacevole ed interessante per tutti, se con gli adulti puoi avere una scelta fra queste due opzioni, con i bambini non puoi.
K3: Consigli per un istruttore che volesse percorrere quest’avventura?
Mirco: Passione sicuramente, una pazienza da santo ed essere disponibile a reinventarsi e poi capire una cosa fondamentale: che sei tu che ti devi adattare a loro e non loro a te. Sei tu che devi cercare di metterti in contatto con loro, di arrivare al loro livello, perché la fantasia è la loro, le energie sono le loro, le idee sono le loro. Per cui anche se alla fine della giornata di lavoro hai i tuoi problemi e le tue preoccupazioni, quando sali sul tatami non ti puoi permettere di non essere entusiasta, soprattutto con i bambini e questo per me è una grande cosa perché diversamente quelle delusioni e quelle arrabbiature della giornata me le trascinerei fino a sera.
K3: Questo discorso in misura minore forse vale o dovrebbe valere anche per l’insegnamento agli adulti no?
Mirco: certo, ma quando ti rapporti ad una classe di adulti hai due possibilità, o fai la parte dell’insegnante che si preoccupa solo di fare la sua lezione e basta oppure dici: siamo qui tutti per percorrere insieme una strada, cerchiamo di rendere il viaggio piacevole ed interessante per tutti, se con gli adulti puoi avere una scelta fra queste due opzioni, con i bambini proprio non puoi.
K3: quindi questo modello potrebbe essere esportabile dai bambini agli adulti?
Tutti: sicuramente sì.
K3: Eventi come questo Gasshuku ne esistono in italia? Ed inoltre ci sono per gli istruttori momenti di formazione analoghi a quelli che avvengono per gli adulti?
Mirco: che io sappia di formazione per i bambini non c’è assolutamente niente.
Marino: e va anche bene così perché la capacità di insegnare ai bambini o ce l’hai o non ce l’hai.
Mirco: trovo molto più utili eventi di questo tipo in cui si pratica tutti insieme ed avviene lo scambio con altre idee di altri istruttori, il confronto con altre realtà mi consente di andare a casa con una valigia più pesante. Se mi mancano questi eventi io vado avanti con il mio lavoro però non imparo niente di nuovo e non costruisco niente di nuovo. Sarebbe bello poterne organizzare di più, magari eventi internazionali in cui possono partecipare dojo di paesi diversi.
K3: Speriamo quindi di poter ripetere questo evento qui ed anche altrove, questo seminario credo sia arrivato al suo secondo anno?
Mirco: Sì siamo al secondo anno, visto il successo che si avuto con la precedente edizione si pensava con Beppe di fare un evento in contemporanea al Gasshuku degli adulti all’Isola Polvese, ma purtroppo è andata diversamente.
K3: Grazie a tutti per il vostro impegno ed alla prossima!