Aikidoka su Marte. MicroReportage dello stage a Pian di Marte
Siamo davanti al lago Trasimeno sopra una collina in una bella giornata di metà giugno, Il posto si presta alla pratica più sincera, all’aperto, senza ausilio di aria condizionata e tatami e ti fa di riscoprire l’importanza dei passi sulla terra. Lo stage inizia con il ritrovo nello spiazzo davanti al borgo ristrutturato, un veloce scambio di impressioni sull’aikido e poi iniziamo. Il saluto nella cappella sconsacrata e il Sensei ci guida fuori sul prato.
La sensazione dell’inizio è quella che preferisco. Le aspettative che si mescolano con il desiderio di pratica e la ricerca, del dettaglio che ci manca per completare un passaggio fra movimenti. La mattinata scorre veloce sull’erba e riusciamo ad approfondire il primo e secondo tzuzukiwaza di bastone. Il sensei ci guida con il suo jo, approfondendo ogni suburi, si sofferma sul significato dei movimenti, sulla loro relazione con il partner, sui cambi di mano.
Sull’essenza del movimento.
Conosco entrambi gli tzuzuki, ma comunque ho scoperto ancora nuovi elementi. Mi è piaciuto praticare fuori e praticare la base del movimento perché credo che prima di un cambiamento ci aiuti rivedere le basi su cui costruiamo le nostre nuove esperienze. Probabilmente durante uno stage non abbiamo abbastanza tempo per vedere tutto quello di cui avremo bisogno, ma abbiamo la possibilità di alzare la visione di insieme. Almeno di cambiare angolatura, il punto di vista. Dobbiamo alimentare quotidianamente la nostra pratica e probabilmente una delle fonti migliori è la ricerca. Poi il confronto aiuta a valutare la validità dì quello che abbiamo trovato. Lo stage oltre alla ricchezza del sensei ha bisogno della pratica dei partecipanti, sulla loro 道 “via “su ogni singolo sforzo, su tutti i passi fatti compresi quelli sbagliati.
Arrivati all’ora di pranzo, tutto il gruppo accaldato, spirava un bicchiere di vino fresco e ci siamo diretti verso la locanda. Anche qui abbiamo ritrovato un ambiente confortevole, i padroni di casa l’hanno definito ospitalità rurale. In tutto il borghetto; dalla chiesa sconsacrata alla locanda si poteva respirare un’aria diversa, era disegnata per la nostra pratica era diventato “il luogo della pratica” era diventato un Dojo 道場 a celo aperto.
Il pomeriggio è dedicato al misogi con il bokken.
Questo momento è pieno di entusiasmo “to ho ka mi e mi ta me” “to ho ka mi e mi ta me” “to ho ka mi e mi ta me” potrebbe essere tranquillamento inserito in un circuito di crosfit per intensità eppure il concetto che esprime è più vicino ad una citazione di Gandhi:
“La forza non deriva dalle capacità fisiche. Deriva da una volontà indomita “
Il Ritmo del misogi, la potenza della sua esecuzioni crea un ambiente magico nella “chiesa “e completa il senso della Giornata. Ogni stage ha il suo “centro “che troviamo durante la pratica, dobbiamo permettere che queste occasioni di lavoro insieme si moltiplichino, senza diventare un dovere istituzionale, ma proprio una volontà naturale di pratica.
Andrea