Sarà che sono particolarmente legato al Kidojo di Firenze dal suo primo anno di vita, che coincide anche col mio primo anno di pratica, sarà che il seminario di Novembre del Doshu è da anni un appuntamento tradizionale per tutto il panorama del Ki Aikido in Italia, ma per me questo evento ha sempre avuto connotazioni particolari e che andavano al di là della pratica.
Far capire, da “interno” cosa significa questo seminario non è facile, nelle settimane che lo precedono il Dojo si metteva in preparazione e il tatami si riempiva di praticanti venuti da tutto il mondo.
E’ un po’ come quando durante il periodo di Natale tutta la famiglia si ritrova per una volta l’anno sotto lo stesso tetto a condividere le festività ed a stare bene insieme. E’ sempre stato così per me, fin dal mio primo anno di pratica, l’atmosfera che si è sempre respirata al Kidojo tra Ottobre e Novembre è sempre stata quella sì di un grande evento ma soprattutto di una grande festa.
Come molti sanno quest’anno è stato il primo senza Beppe ma lasciatevi dire che la sua assenza si è sentita almeno quanto la sua presenza.
Andiamo con ordine.
Il seminario è cominciato Venerdì sera, per me alla chiusura di una settimana di lavoro infernale, tra salti mortali e call tecniche ricevute in macchina pur di poter essere in tempo sul tatami. In qualche modo alla fine di tutto questo sono riuscito a non perdermi nemmeno un minuto dell’evento e ne è valsa la pena.
Le lezioni hanno avuto un altissimo tasso tecnico e sono state incentrate direi su due principali filoni. Il primo, come spesso accade da un po’ di tempo, volto a coprire gli aspetti più delicati degli esami in programma per la sessione. Il secondo, sicuramente non meno interessante e sicuramente non meno utile è quello rivolto alla copertura di aspetti didattici. Ciò che traspare dal gran lavoro che il Doshu sta compiendo in questi anni è la volontà di lasciare un segno e, se non un “sistema di insegnamento” (giammai), quantomeno una filosofia che costituisca la base della nostra meravigliosa pratica. Questo sforzo costituisce un enorme contributo per tutti i praticanti, che abbiano o meno compiti di insegnamento.
Sabato ci sono state due sessioni d’esame, una per il Ki ed una per l’Aikido, precisamente nella sessione dedicata al Ki sono stato coinvolto assieme ad un’altra “penna” illustre del blog, come potete vedere dalle foto.
Non voglio dilungarmi su cosa abbia significato questo esame per me in questo momento, ma dico che è stata un’occasione di approfondimento e se possibile di autocoscienza notevole. Per lavoro mi ritrovo in questo periodo a dover conseguire delle certificazioni (una piuttosto recente) che sono utili professionalmente sia come credenziali spendibili che come competenze acquisite ma un esame di Ki è tutta un’altra cosa.
“essere bravi non basta se non lo si riesce a condividere con gli altri”
In un esame di Ki subentrano normalmente diversi aspetti che difficilmente si possono raccontare ma che sono familiari a chiunque abbia un minimo di esperienza con la tematica. Ma in questo caso l’esame è stato arricchito anche da altro, in questo caso da quella presenza a cui accennavo prima.
La mia principale preoccupazione infatti era di dover affrontare un esame così complicato, il primo sostenuto direttamente con il Doshu, da solo ma mi ero sbagliato: non ero affatto solo, non lo ero mai stato.
Il lavoro fatto durante la preparazione con gli altri istruttori del Kidojo mi ha permesso quantomeno di provare a far uscire fuori tutte quelle cose che Beppe era riuscito a sedimentare nel mio bagaglio di aikidoka in quasi 15 anni. Se vogliamo è proprio da uno di questi sedimenti che è nata l’idea di pensare a questo blog con altri amici, “essere bravi non basta se non lo si riesce a condividere con gli altri”.
D’altro canto la mancanza di cui parlavo all’inizio si è sentita, probabilmente è stato per l’alone di tristezza che si è portata dietro se siamo stati più allegri del solito quando c’è stato da festeggiare o più solerti del solito quando si è trattato di prendersi cura del dojo, pulire il tatami, preparare i tavolini per la festa e ripulire tutto alla fine.
Sabato sera c’è stato il consueto party e l’altrettanto consueto after-party. Sicuramente per chi c’è stato il party è stato godibile ma vi assicuro che non ridevo così tanto come nell’after-party da tanto tempo.
Domenica è stata la volta di un approfondimento sostanzioso su bokken dori durante il quale sono stati esaminati molti particolari riguardanti i movimenti ed alcuni passaggi nodali del tsuzukiwaza.
Al di là dei numeri totalizzati da questo seminario direi che, almeno per me, uno degli elementi chiave della riuscita di un seminario è quanta voglia si ha, alla fine, di cominciare a praticare gli argomenti trattati e quanto a lungo si continuerà a farlo.
In questo caso direi che il successo è stato pieno, il seminario ha avuto una discreta intensità e una ricchezza di dettagli che mi ha lasciato impressionato e che ho una voglia matta di provare sul tatami.
Infine per la durata del seminario, fino a martedì, ho avuto come ospite un praticante finlandese con il quale ci conosciamo ormai da anni e che è sempre stato molto legato al Ki Dojo, mi ha confidato che, a dispetto degli eventi, sentiva ancora Firenze come una sua seconda casa.
Mi sento di condividere appieno.
Si ringraziano per le foto Andrea Marcione, Nicola Salviato, Riccardo Luppi.