
La versione “Ki Aikido” di un celebre manifesto di Rodchenko
Questo articolo è il secondo della nostra striscia On Tour, una serie di articoli che nasce con lo scopo di far conoscere e dare visibilità soprattutto ai piccoli dojo, incitandoli a fare “rete” ed a ricavarsi occasioni di pratica comuni, in particolare con questo articolo prendiamo tre piccioni con una fava, infatti vi racconteremo l’incontro di pratica avvenuto a Gubbio Sabato 18 Novembre tra i dojo di Fossombrone, Chiusi e Lastra a Signa.
Per questo articolo ho deciso di prendere in prestito e modificare un famosissimo manifesto di Alexander Rodchenko, uno dei padri del Costruttivismo russo, movimento artistico nato pochi anni prima della rivoluzione d’Ottobre che, per voler fare una semplificazione da due soldi, rifiutava il culto Estetista dell’arte fine a se stessa, predicando invece un’Arte votata a temi ed a scopi sociali.
Ecco il perché del manifesto costruttivista, che è utilizzato in vari ambiti, dal femminismo, all’attivismo, allo sport per sottolineare l’importanza del gruppo, della squadra, della pluralità e soprattutto perché questo articolo si concentra in modo specifico sull’importanza del collettivo.
Fatte le dovute premesse, passiamo alla cronaca.
E’ da un po’ di tempo che con Nico e Marco (istruttori dei dojo di Fossombrone e Chiusi ndr) pensavamo di organizzare un incontro di pratica insieme e così, dopo il seminario del Doshu a Firenze, complice la voglia di stare insieme e quella di cominciare a lavorare sul loro esame di secondo dan abbiamo deciso di fare sul serio. Abbiamo cercato di coinvolgere anche altri praticanti e così da subito all’iniziativa si è unito Marino con i suoi allievi del dojo di Lastra a Signa. Infine Nico è riuscito a trovare a Gubbio una palestra munita di tatami e disposta ad accoglierci. Andare nella “tana del lupo” si è rivelata un’ottima soluzione logistica in quanto facilmente raggiungibile da tutti e, come abbiamo potuto constatare dopo la pratica, dotata di uno spessore enogastronomico assolutamente ragguardevole.

Si assaggia il tatami, un po’ duretto per la verità.
Sabato mattina partiamo da Firenze alle 7.15, siamo in cinque e dopo aver fatto colazione al volo riempiamo una macchina (quella di Marino) e partiamo. Il viaggio passa piuttosto allegramente ma viene allietato soprattutto da una bellissima notizia da Bologna, il nostro amico (nonché cofondatore di Ki No Nagare) Corrado è diventato papà. Il tempo di registrare un breve messaggio di auguri di prendere un paio di curve in mezzo a panorami colorati d’autunno e raggiungiamo la nostra destinazione, una piccola palestra a conduzione familiare, con una stanza dedicata normalmente al karate in cui trova posto un tatami piccolo ma tenuto con molta cura.
La sera prima, per un’assenza dell’ultimo minuto avevo dovuto fare due ore di lezione e, complice la settimana lavorativa trascorsa, ero tornato a casa pensando fra me e me che non avrei voluto parlare di Aikido per una settimana. Il tatami però mi fa uno strano effetto per cui a dispetto dei pensieri della sera prima, il sabato mattina mi ritrovo a parlare di Aikido di nuovo e con un’energia che non saprei spiegare.
Durante le due ore e mezzo di lezione cerco di approfondire al meglio i tsuzukiwaza del programma d’esame e di offrire la mia interpretazione di quelli che sono alcuni dei temi principali che ne derivano, ma soprattutto cerco di far passare un concetto che per me e per la mia formazione marziale è fondamentale “un esame è un atto collettivo”.
Uno degli elementi più caratterizzanti di tutti gli esami di Aikido che ho sostenuto negli anni al Ki Dojo è che un esame non lo si fa mai da soli, anzi per quanto possibile la prassi al Ki Dojo è sempre stata quella di preparare e presentare i candidati a gruppi per tutti gli esami dai kyu ai dan. Fermo restando il massimo impegno da parte di tutti, talvolta poteva anche capitare che qualche allievo più “pronto” ne aspettasse un altro rimasto più indietro per permettere ad entrambi di aiutarsi nella preparazione. Questo modello di cooperazione non è altro che l’applicazione di quello che Beppe ripeteva sempre: “Essere bravi non basta”.

Un momento prima dell’inizio della lezione
Dal momento che ho cominciato a praticare Aikido a poco meno di 20 anni posso dire che questa è l’educazione che ho ricevuto e dell’importanza di questo senso di comunità sono grato, perché come ho già scritto su questo blog in occasione del mio esame Joden con Sensei Yoshigasaki, malgrado il momento fosse quantomeno particolare, non mi sono mai sentito da solo: i miei compagni di pratica, gli istruttori, perfino il mio maestro che non c’era più, erano tutti con me.
In questo articolo però vorrei andare un po’ oltre, se possibile.
Non solo un esame è un atto collettivo che coinvolge l’esaminato, i suoi uke, il suo dojo e tutti quelli che praticano con lui per i mesi o gli anni necessari alla preparazione ma anche la stessa pratica dell’Aikido dentro e fuori dal tatami deve essere un atto collettivo, d’altronde diciamo e sentiamo dire da anni che l’Aikido è un’arte di Relazione.
Si può praticare Aikido soltanto con altre persone, purtroppo però il calo dei numeri nei corsi di Aikido è una tendenza piuttosto evidente almeno in Italia, così come l’aumento dell’età media dei praticanti, in questo scenario si collocano i singoli dojo che rischiano di essere sempre più piccoli e frammentati, per cui a volte al loro interno manca la possibilità di praticare alcuni argomenti e diventa rara l’opportunità di confronto con praticanti che vengono da esperienze diverse.
Paradossalmente una situazione del genere è un’opportunità enorme perché ci obbliga ad uscire dal nostro dojo per incontrarci e condividere quello che abbiamo, in modo da creare occasioni di pratica e di confronto con il mondo esterno. Banalmente la necessità ci porta ad aver bisogno l’uno dell’altro, per condividere esperienze, preparare esami, allestire eventi, fare formazione per gli istruttori e così via.
L’alternativa, molto semplicemente, è smettere.
Grazie a Daniele per le foto, a Nico per aver organizzato l’evento ed a tutti per la bella giornata di pratica insieme.

La foto di gruppo di rito