Recentemente un amico croato, maestro molto appassionato di aikido, Vedran Rakinic, ha pubblicato un video in cui fa da uke in una serie di tecniche a un giovane e talentuoso maestro dell’Aikikai, Ryuji Shirakawa.
Ho guardato quel video più volte, senza però riuscire ad esserne entusiasta quanto avrei voluto. I movimenti erano bellissimi, grandi, armoniosi e Vedran faceva uke in modo atletico come sempre, seguendo e volando magnificamente. Eppure non riuscivo ad essere realmente colpito.
Potevo negare la bellezza dei movimenti? O che durante la pratica Vedran e Shirakawa non avessero mente e corpo coordinati? Certamente no.
E allora che cosa mi mancava?

Il volantino con l’elenco dei maestri
La risposta l’ho trovata domenica pomeriggio, durante il IV Meeting di aikido di Bologna. Un appuntamento ormai consueto, organizzato dal maestro Giancarlo Pezzulli, durante il quale sei insegnanti di scuole di aikido diverse si alternano sul tatami per un’ora ciascuno.
Sono presenti quindi l’Aikikai, la federazione di Tissier, il Daito-Ryu, la scuola Dai Nippon Botuko Kai, il Takemusu Aikido e infine il Ki-Aikido, modestamente rappresentato dal sottoscritto.
Quest’anno poi il programma era ulteriormente arricchito da una lezione per i bambini alla mattina. Lezione alla quale non ho potuto assistere per ragioni di gestione familiare che mi hanno permesso di essere presente solo al pomeriggio, ma che, dato l’interesse recentemente sviluppato per l’insegnamento agli Aikids, avrei seguito con particolare attenzione.
Partecipo a quest’evento dalla prima edizione, prima come discente e poi come insegnante, da sempre convinto della sua utilità come momento di scambio e di arricchimento. Però, nonostante la partecipazione ridotta, forse solo quest’anno ne ho davvero apprezzato appieno il valore.
Una delle ragioni per le quali ho sempre ritenuto opportuno partecipare a un evento del genere è la possibilità di portarmi a casa qualche elemento tecnico specifico da poter integrare nella mia pratica: quest’anno l’opportunità me l’ha data il maestro Bertozzi dell’Aikikai d’Italia con la sua bella introduzione alle cadute avanti e a quelle indietro.
Oltre a esercizi da poter integrare tout court sono sempre stato fiducioso di “scoprire” durante il meeting tecniche non appartenenti al nostro curriculum didattico, ma interessanti da includere nel nostro studio in una veste “da ki-aikido”. A tal proposito stavolta sono rimasto affascinato una volta di più da alcune tecniche con le armi mostrate dal maestro Cesari del Takemusu Aikido, che prevedono la proiezione di un uke armato da parte di un nage sempre dotato di jo o bokken .
Ma l’opportunità più grande di tutte è stata quella di comprendere, osservando questi due maestri di scuole diverse, perché nel ki-aikido facciamo quello che facciamo e in che modo lo facciamo. Ho compreso infatti che ciò che caratterizza le altre scuole di aikido rispetto alla nostra è l’idea del controllo di uke. Uke si piega, si muove, vola, ma rimane sempre sotto il controllo di tori.
Al contrario nel ki-aikido ci basta controllare che non sia pericoloso per noi. Dopodiché nella maggioranza dei casi lo lasciamo libero di cadere come vuole. Lasciandolo libero, rendiamo liberi noi stessi.
Ecco che cosa non avevo trovato nel video di Vedran.
Preciso che dico questo senza dare alcun tipo di giudizio valoriale, ma con il massimo rispetto per la dimensione tecnica delle altre scuole e assolutamente convinto della loro efficacia, che ho sperimentato direttamente. È una constatazione di tipo “filosofico”.
I grandi maestri del passato invecchiano oppure non ci sono più e momenti di incontro e di scambio come quelli del meeting di Bologna sono e saranno sempre più necessari per sviluppare la nostra arte. Speriamo di essere in grado, anche nel nostro mondo del ki-aikido, di dare seguito a questa esigenza.
Senza pregiudizi o ansia di controllo.
Un ringraziamento particolare a Simone Semprini e a Marco Schiavi per avermi fatto da ukemi, per il loro entusiasmo e le loro riflessioni.
https://www.facebook.com/aikidojo.it/