
Vista del Castello di Ljubljana dal Nebotičnik
Questo seminario in Slovenia arriva in mezzo ad un vero e proprio tour de force che mi ha visto e mi vedrà passare gli ultimi ed i prossimi weekend su un qualche tatami, posso dire quindi senza tema di smentita che questo seminario in mezzo alla neve ed al gelo sloveno me lo sono proprio andato a cercare.
Follie di questo tipo si fanno in gruppo ed alla mia comitiva rivolgo un pensiero particolare per il bel fine settimana passato insieme, ma su tutti una menzione d’onore va sicuramente a Marino, sempre più autista ufficiale delle spedizioni fiorentine.
Dicevamo che il seminario è stato nella fredda Ljubljana, dove nella notte tra Sabato e Domenica siamo arrivati agevolmente a -13 gradi.
Questo di suo non sarebbe stato un gran problema, le case ed i locali erano tutti ben riscaldati e le strade in perfette condizioni.
L’unico disagio che abbiamo avuto è una pecca comune dei dojo europei (soprattutto mitteleuropei) in quanto a spogliatoi, infatti quelli del centro sportivo Narodni Dom, comunque piuttosto piccoli per il numero di persone da accogliere, erano provvisti di una sola doccia.
Credo che vada la pena di rammentare che in Italia dal punto di vista delle strutture sportive per i dojo, siamo messi piuttosto meglio, anche se durante alcuni seminari in Italia ho sentito lametele per docce troppo calde all’interno di palestre grandi e ben attrezzate, a chi non ne fosse convinto consiglio un bel tour di seminari in Europa, possibilmente invernale.

Io che faccio Ukemi al Doshu
Ad ogni modo il seminario cominciava Venerdì sera e grazie alla guida sicura del nostro autista Marino siamo riusciti a prendere parte, con un leggerissimo ritardo, alla prima lezione.
Il tema tecnico del seminario è stato centrato interamente su elementi riguardanti gli esami di primo e secondo dan, cosa della quale sono stato molto contento visto il lavoro che sto cercando di portare avanti con alcuni amici che sono in preparazione proprio dell’esame di secondo dan, ma sarebbe estremamente riduttivo dire che si è parlato solo di questo.
Infatti ai seminari del Doshu c’è sempre qualcosa in più, credo che sia questo, al di là perfino della sua enorme cifra tecnica, l’elemento più premiante delle sue lezioni.
Corrado nel suo ultimo articolo ha messo l’accento sulla libertà di uke nelle cadute, ecco io credo che questo elemento, in senso più esteso, sia fondante nell’insegnamento del Maestro, che durante il seminario ha detto chiaramente in più di una occasione (il virgolettato è un riassunto mio ma è piuttosto fedele):
“io non dico cosa è giusto e cosa è sbagliato, quale è il modo giusto di fare la tecnica e quale è sbagliato, io dico in quale modo è possibile migliorare (improve) la tecnica o in quale modo è possibile sviluppare (develop) la tecnica”.

Momento di pratica Bokkendori
Questo è in perfetta armonia con il fatto che, ad esempio, gli esami di dan che ho visto in Slovenia avessero un diverso modo di mostrare i kata di jo rispetto a quella che era la mia abitudine (nello specifico sono stati mostrati i kata “didattici” prima con il conto e poi senza il conto), o con il fatto che alcuni tsuzukiwaza possono cambiare se necessario (vedasi ad esempio bokkendori).
Nel momento in cui tutto è codificato puntualmente (point mathematics), immutabile e prevedibile come in un libro scritto allora le evoluzioni e soprattutto gli “sviluppi” ed i “miglioramenti” sarebbero impossibili, in pratica l’Aikido diventerebbe una reliquia anziché una cosa viva.
Questo credo che sia un bellissimo messaggio agli istruttori, soprattutto a quelli più giovani (categoria nella quale piuttosto impropriamente visti i miei 34 anni mi inserisco anche io), insegnare ad i propri allievi soltanto che c’è un modo giusto di fare la tecnica (il nostro) ed uno sbagliato (il loro) ci pone inevitabilmente nella posizione di giudicarli ed all’ufficio del giudizio un buon maestro dovrebbe ricorrere sempre con molta parsimonia.
Non a caso nell’hagakure la sospensione del giudizio viene elencata come una delle virtù da perseguire per arrivare alla saggezza degli antichi:
“Imparare ad ascoltare le parole degli altri, a leggere i libri e sospendere il giudizio − sono questi gli strumenti per conseguire la capacità di giudizio degli antichi. (Yamamoto Tsunemoto – Hagakure)”

Osservazioni
Dire che una tecnica, per quanto maldestra o raffinata possa essere, può sempre essere migliorata invece apre la strada ad un percorso di miglioramento che è per tutti, che virtualmente è infinito e nel quale anche noi, come istruttori, siamo inevitabilmente coinvolti.
Partire dalla consapevolezza che tutto può essere migliorato o sviluppato ci permette di avere una mente proiettata al futuro, una mente “positiva”, mentre se si ragiona solo in termini di cosa è giusto e cosa non lo è, di cosa è conforme e di quale sia il “canone standard”, la nostra mente diventa necessariamente rivolta al passato, all’indietro, e quindi avrebbe un’attitudine “negativa”.

Zori e strane babbucce…
Di tempo abbiamo già parlato in un passato articolo e quindi non voglio dilungarmi su questo argomento, ma l’idea di mente positiva (positive attitude si sarebbe detto nei Ki principles di tanti anni fa) come mente che guarda al futuro è un’idea interessante, oltre che intelligente, in quanto per dirla con le parole del Doshu: “è meglio mettere la mente al futuro perché il passato non si può più cambiare”.
Insomma mi porto a casa davvero tanto da questo seminario, in termini di buona pratica, di ottimi insegnamenti su cui meditare e di bella gente con cui ho potuto passare un po’ di tempo, ma soprattutto ripensare a questo seminario mi fa ritornare in mente una frase attribuita a Plutarco: “I giovani non sono vasi da riempire, ma torce da incendiare”.
(Grazie a Marino e Daniele per le foto)
(La foto di copertina la trovate qui )