Spesso nei film che mi piace guardare la prima parte descrive il protagonista dipingendolo con le sue abitudini , il passato che lo tormenta e una strada, abitualmente di lorda periferia, che lo accompagna. Tutti da Kikuchio nei Sette samurai a Montalbano di Camilleri sono contaminati in modo profondo, vagamente disillusi con lo sguardo torvo. Ma in tutte le avventure, gli episodi ripartono da un nuovo inizio con un inaspettato entusiasmo. Il sentimento di inzio stage, l’ho ripetuto in tutti gli articoli è la parte che preferisco.
Anche questa volta è stato una gran bella esperienza l’ ho trovata molto adatta al mio periodo, che è un incrocio fra l’eterno ritorno degli uguali e le tecniche divine di Okuto.
Lavorando sui concetti di linea, di forma e la ” matematica ” di movimento abbiamo ripercorso le linee di jo nage , lo spazio nel movimento millimetrico di bokken dori e riscoperto le connessioni fra tutti gli inizi di ogni tzuzuki waza . La naturale espressione di tutto il gruppo di tecniche, la nostra forma che si adatta, che scopre l’ambiente che ci circonda, quello in cui siamo immersi. La tecnica che viene a galla quando serve non quando voglio. Essere l’uno per il tutto in cui mi trovo.
Partecipare agli sviluppi dell’ambiente ha bisogno di responsabilità e coscienza, una rispettosa anarchica, coscienza di vita. La tecnica evolve con l’ambiente, la pratica ci permette di spiegarla e di ricavarne il succo, l’estratto, il concetto base che può guidare o completare la pratica dei nostri allievi, amici e tutti quelli con cui possiamo entrare in contatto.
Abbiamo bisogno di aiutare la pratica non con falsi miti temporanei di invincibilità. Non può essere un benchmark marziale di efficacia, ma una disciplina che consigliamo per vivere bene. Magari il protagonista del film finisce l’episodio acciaccato, ma sarà capace di rialzarsi e riprendere il cammino con una sfumatura in più.