Ho incontrato Nico Gori e Pietro Gigliotti del Ki Aikido Budokan in occasione del seminario tenuto dal Maestro Yoshigasaki a Prato il 24 e 25 febbraio scorso. Nico e Pietro hanno un gruppo di bambini molto numeroso ed hanno gentilmente accettato di soddisfare le mie curiosità rispetto alla loro storia e al loro lavoro.
Nel loro racconto ho ritrovato molte affinità con le esperienze raccontate da Moreno Maule e Mirco Angeletti nelle precedenti interviste sullo stesso argomento.
D: Quando e come avete aperto il corso per i bambini?
R: E’ stato all’inizio del 2014. Abbiamo deciso di aprire il corso un po’ per provare e un po’ per incrementare il numero degli iscritti del dojo. Io (Nico) avevo già avuto qualche esperienza di insegnamento con i bambini nel dojo di Terranuova. Da allora siamo sempre cresciuti e questo per noi è motivo di grande soddisfazione.

Che squadrone!
D: Qual è secondo voi la caratteristica principale del lavoro con i bambini?
R: Passione innanzitutto. Il lavoro con i bambini richiede tanta passione perché è assai più difficile di quello fatto con gli adulti, ma indubbiamente più interessante. E poi creatività. Si è obbligati a trasmettere qualcosa che si ha dentro. In questo senso le occasioni di pratica che abbiamo avuto con Bruno e Moreno Maule sono state di grande insegnamento. Hanno una tale inventiva che quando fai lezione con loro vieni coinvolto talmente tanto che alla fine ti diverti come un bambino anche tu!!!
D: Quanto è stato importante essere già genitori?
R: Ci ha aiutato molto. I bambini hanno un’attenzione diversa nei confronti dell’insegnante. Il tema centrale è quello della fiducia. Si deve instaurare con loro un rapporto di fiducia e perché ciò accada è necessario che l’insegnante per primo abbia fiducia in sé stesso. Il maestro deve essere fermo, sicuro, ma non perdere mai le staffe. Una volta una mamma ci ha chiesto: “Ma come fate ad avere tutta questa pazienza?” I bambini avvertono questa sicurezza e di conseguenza si fidano.
D: Torniamo al concetto della creatività. Come si esprime?
R: Nell’alternare i giochi alle tecniche. In modo istruttivo però. Il gioco deve contenere degli elementi che consentano di arrivare alla tecnica. Se si riesce a creare l’atmosfera giusta la lezione stessa diventa un gioco e il tempo passa in un attimo.
In questo senso riteniamo di avere ancora tanta strada da fare per sviluppare gli stimoli giusti da dare.
D: Qual è il focus del vostro lavoro?
R: L’atteggiamento mentale e l’educazione al movimento, che si traducono in una postura e in un modo di muoversi efficaci e corretti. In poche parole cerchiamo di creare le condizioni per uno sviluppo psico-fisico ottimale.
D: Rispetto a questo scopo che cosa ritenete abbia di speciale il ki-aikido?
R: Non siamo in grado di dirti precisamente quale sia il meccanismo…però funziona! Alcuni ragazzi problematici sono riusciti a risolvere parte delle loro difficoltà e tutti i genitori ne hanno riscontrato l’effetto benefico, tanto che attraverso il loro passaparola sono venuti dei nuovi bambini. La scuola sviluppa nei bambini la competitività e il timore del giudizio. Da noi i bambini non si sentono giudicati, ma accettati.

Con Yoshigasaki Sensei
Come insegnanti non siamo dei “dittatori”, ma ascoltiamo le istanze di tutti e cerchiamo di metterci al loro stesso livello, cosa che con gli adulti non è sempre opportuna.
D: Venendo ad aspetti più tecnici, qual è l’impostazione didattica che date ai vostri corsi?
R: Innanzitutto dobbiamo dire che abbiamo diviso il corso in due fasce di età: 5-9 anni e 9-14 anni. Per il primo gruppo la lezione è più impostata sul gioco, mentre nel secondo si studia aikido in modo più approfondito. Per entrambi il punto di partenza è la disciplina. All’inizio di ogni lezione facciamo leggere a turno a un bambino uno dei “Detti di ki” del Maestro Tohei. E’ utile anche perché fa vincere la timidezza.
Poi lavoriamo sulla postura e, come ti dicevo, sulle tecniche alternate ai giochi. Pratichiamo i test di ki e la respirazione. E facciamo usare le armi fin da subito. Fortunatamente da qualche mese ci siamo trasferiti in una nuova palestra, un vero e proprio dojo, nel quale possiamo lavorare e far lavorare i bambini in modo più concentrato.
D: I vostri mi sembrano spunti validi anche per la lezione degli adulti…
R: Assolutamente. Riteniamo di essere stati i primi in Italia a chiedere al Maestro Yoshigasaki di tenere una lezione dedicata ai bambini nell’ambito di un seminario (a Figline Valdarno, nel 2016 – NdR). L’anno successivo abbiamo replicato e Sensei ha detto: «Va bene, ma devono partecipare anche gli adulti. Ciò che fanno i bambini, devono essere in grado di farlo anche gli adulti.»
D: E per quanto riguarda gli esami?
R: Facciamo due sessioni di esame all’anno, Ki a dicembre e Aikido a maggio. Con l’esame di Ki diamo il “mezzo colore” alla cintura, con l’esame di Aikido il colore intero. Ogni sessione è un evento in cui i bambini affrontano l’esame singolarmente. Prima dei test devono contare in giapponese, il primo esame fino a 8 e poi progressivamente fino a 22. Ai bambini piace e sono molto bravi: negli esami di ki sono più presenti e concentrati di quanto ci si aspetterebbe.
Per quanto riguarda l’Aikido ogni esame inizia con il saluto alla spada e una forma rituale: noi iniziamo a far praticare con le armi fin da subito, favorisce la concentrazione. Ogni esame poi prevede poi alcuni hitori waza, i movimenti con il jo e il bokken (all’inizio i più semplici coordinati da un istruttore e poi via via sempre più difficili con maggiore autonomia), le tecniche di aikido, praticate con due ukemi che attaccano, e infine un randori finale in cui l’obiettivo è quello di uscire dalla situazione di pericolo in modo stabile.

Hajime!
D: Come avete gestito il passaggio dei teen-ager nel corso degli adulti?
R: E’ un passaggio che per ragioni temporali ancora non ci siamo trovati a dover gestire. Possiamo dire che per i teen-ager cerchiamo di fare un lavoro che preveda tecniche fisicamente più dirette e “realistiche”, ad esempio con calci, pugni e spinte. I ragazzi sono maggiormente stimolati e interessati. Acquistano sempre più fiducia in loro stessi e imparano a gestire situazioni che si trovano purtroppo a dover affrontare nella realtà.
D: A proposito di questo, vi è mai capitato di insegnare nelle scuole?
R: Abbiamo proprio sviluppato un progetto antibullismo che presenteremo in alcune scuole e che contiamo di realizzare nel prossimo anno scolastico.
D: Un’ultima domanda: nella vostra formazione sentite che c’è qualcosa in particolare che vi manca?
R: Ora come ora no. Certo qualsiasi occasione di incontro e di confronto con altri insegnanti di bambini è benvenuta! C’è sempre qualcosa da imparare.
(Tutte le foto in questo articolo sono di proprietà di Nico Gori)
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