Il consueto seminario di giugno organizzato dal dojo Ronin di Novara sotto la guida del Maestro Bruno Maule, quest’anno si è tenuto a Colazza, a pochi chilometri di distanza dalla consueta sede di Pisano, che lo aveva ospitato nelle precedenti occasioni. Nel cambio, la location ne ha sicuramente guadagnato sotto il profilo del contesto, trovandosi in una posizione luminosa proprio sul limitare del bosco. Meno sotto quello degli spogliatoi e delle docce, essendo un posto evidentemente non nato per eventi sportivi con grandi numeri.
La capacità organizzativa del gruppo Ronin e in particolare al consueto impegno di Sara (non mi stancherò mai di ripetere che il successo di un evento dipende per lo più da persone con la sua dedizione) hanno comunque superato egregiamente tutti i problemi logistici.

Il Palaghiaccio di Colazza
Peraltro merita ricordare che in tanti dojo nel nord Europa, avere spazi per cambiarsi limitati e un paio di docce è praticamente la norma.
Nella giornata di sabato il Maestro si è soffermato sul tema dell’”aikido in real life”, oggetto di studio privilegiato degli ultimi anni. L’aikido senza cadute e la tecnica, inattuabile nella vita reale, vista come la somma di più “atti”, questi sì applicabili nella vita reale, ma educati proprio attraverso lo studio della tecnica, sono stati al centro delle sue spiegazioni.
Sensei è ormai da tempo in una fase di totale sperimentazione ed elaborazione: torna infatti più volte sugli stessi concetti e sugli stessi movimenti. Immagino allo scopo di studiarne e affinarne la dimensione teorica, che forse si tradurrà in un nuovo libro.
Sinceramente me lo auguro e mi auguro che riesca a trovare le parole giuste per esprimere al meglio questa evoluzione che sta trasformando profondamente il ki-aikido. Ricordo infatti di avergli sentito parlare della tecnica come un insieme di momenti diversi di “difesa personale” nei primi anni zero e allora non avrei mai immaginato avrebbe spinto le sue “elucubrazioni” tanto oltre.
La domenica mattina è stata invece dedicata ad una pratica più fisica con lo studio di jodori e con un utilissimo ripasso dei kata didattici di jo e bokken (quanto ci sarebbe bisogno di praticarli più spesso anche in palestra!!!)
Da ogni seminario vengo via con molti pensieri. Stavolta ne scelgo uno in particolare, che mi ha accompagnato in questi giorni.
Sensei ha ricordato le parole di una maestra inglese alla quale era stato chiesto: “l’aikido rende le persone migliori?” “Sfortunatamente no”, era stata la risposta.
L’aneddoto non è nuovo e già la prima volta che lo l’ho sentito non ho potuto non dare ragione alla maestra inglese. Solo che oggi il tempo a mia disposizione per la pratica si è ridotto e forse per questo ha risuonato in me in maniera diversa.
Mi sono chiesto infatti: ma vale davvero la pena di sottrarre con fatica e sacrificio tanto tempo alla famiglia e agli altri impegni del quotidiano, per spenderlo nello studio di una disciplina che in definitiva non rende persone migliori? Ci ho pensato su molto in questa settimana e alla fine ho concluso che sì, vale davvero la pena.

Il lavoro più importante
Il Maestro ha detto che una volta unificati mente e corpo è necessario semplicemente avere fiducia. Beh ecco, trovo che la possibilità di vivere un’azione che non sia condizionata da pensieri, sentimenti ed emozioni, sia qualcosa che ha profondamente a che fare con l’umanità e in particolare con la libertà alla quale l’essere umano ha diritto. Anche di scegliere se essere una persona migliore o meno.
Però, a ben vedere, forse questo è solo uno un enorme pippone mentale. Guardando infatti le numerose foto dei partecipanti affiatati e sorridenti scattate durante i due giorni del seminario di Colazza, alla fine ritengo che il vero valore della pratica risieda nella profondità delle relazioni e dei rapporti che si instaurano tra i praticanti e che non si esauriscono nel mero spazio dell’allenamento.
Come sempre nel ki-aikido, il lavoro più importante è quello che inizia fuori dal tatami. E questo penso sia il significato migliore di “aikido in real life”.
Un grazie a Sara anche per le foto!