Da tempo avevo il desiderio di intervistare il Maestro Francesco Ingemi di Vercelli sulla sua esperienza con gli aikids. Poi, quando ci incontravamo ai seminari o in altre occasioni, finiva sempre che mancava il tempo o che parlavamo d’altro. Alla fine mi sono detto che se volevo fare quest’intervista, l’unica maniera era quella di realizzarla tramite uno scambio di email.
Ed ecco qui il risultato della corrispondenza tra me e Francesco, che ringrazio della disponibilità e dell’attenzione.
Come hai iniziato a insegnare ai bambini?
Al rientro dal servizio militare, nel 2001, ricominciai assiduamente la pratica, che avevo dovuto un po’ mettere da parte, per ovvie ragioni.
Il mio Maestro di allora, Giovanni Cattaneo, era ben felice di riavere regolarmente alle lezioni uno degli studenti più assidui, e mi propose, per far crescere il dojo, di tenere un corso per bambini durante i pomeriggi.
Io in realtà non ne ero molto entusiasta perché ero per lo più interessato al mio miglioramento dal punto di vista tecnico, ma alla luce del fatto che lavorando saltuariamente avevo molto tempo libero, decisi di provare. Dopo un po’ di pubblicità si presentarono al corso 4-5 bambini. Se devo essere sincero una delle ragioni per la quale accettai era quella di poter ricavare qualche soldo (anche) per pagare la frequenza della palestra.
Il corso andò avanti un paio di anni, ma poi fui costretto ad interromperlo per l’evoluzione della mia situazione lavorativa.
Nel 2005 il mio maestro Giovanni decise di ritirarsi dall’insegnamento e lasciò il dojo alla mia responsabilità.
Essendosi nel frattempo stabilizzato il mio lavoro decisi di riprovare ad avviare un corso per i bambini con il supporto di alcuni miei allievi, così da dare più respiro all’associazione che avevo fondato nel frattempo per regolarizzare la pratica della disciplina.
Da lì partii (o meglio, partimmo con i ragazzi della palestra che mi aiutarono) con un percorso che continua ancora oggi, e che inaspettatamente mi sta dando molte soddisfazioni.
Il tuo maestro e/o il tuo shihan avevano esperienza di insegnamento ai bambini? Ti hanno indirizzato in qualche modo?
Per certi versi ho già risposto sopra… Onestamente credo che Giovanni non avesse un’esperienza di insegnamento ai bambini, perlomeno non che io sappia. Di certo non ebbi alcun suggerimento su come impostare l’insegnamento e la didattica, che si è andata evolvendo in questi anni “aggiustando il tiro” su situazioni che reputavo avessero bisogno di un approccio diverso.
Che età hanno i bambini che frequentano il tuo/i tuoi corsi?
Accetto bambini a partire dai 6 anni di età. Diciamo che l’età è in genere compresa tra 8 e 14-15, dopodiché provo a farli passare nel corso per adulti. Dato che adesso ne ho diversi intorno ai 14, sto pensando di fare un corso apposta per “ragazzi”, così da poter differenziare il tipo di attività proposta.

Se ci sono bambini di età molto differenti, come riesci a fare un lavoro che vada bene per tutti?
Non è facile, e di fatto il lavoro andrebbe almeno in parte differenziato. Purtroppo fino ad oggi il numero dei partecipanti, ed anche il mio tempo disponibile, non mi ha permesso di creare corsi differenti per fasce di età. Ad ogni modo cerchiamo di proporre delle attività che siano interessanti per tutti, a diversi livelli. Devo dire che noto che molti ragazzi sono carenti dal punto di vista della coordinazione e della fisicità, quindi le attività ludiche volte a migliorare questi aspetti sono adatte sostanzialmente a tutti.
La differenza maggiore sta nell’approccio alla tecnica perché la differenza di età si fa più importante. Quindi normalmente cerchiamo di far praticare le tecniche in gruppi della stessa fascia di età, cercando di enfatizzare maggiormente l’aspetto marziale per i più grandi. D’altra parte credo sia importante che ogni ragazzo di qualsiasi età sia in grado di rapportarsi e “confrontarsi” con tutti gli altri, ad esempio dosando la forza per fare le tecniche, e devo dire che questo aspetto può fornire anche validi spunti per la didattica.
Il programma di esami che usi come è stato elaborato? Ha delle peculiarità?
Io ho sempre inteso la preparazione per gli esami un motivo di crescita, avulso fino ad un certo punto da una valutazione oggettiva. Tuttavia ho notato che spesso i bambini ci tengono molto a fare un bell’esame ed anche i più “vivaci” si impegnano molto per fare il meglio possibile.
I partecipanti del corso per i bambini fanno in genere un esame all’anno, una specie di “saggio” finale che prevede come risultato il passaggio di cintura. Utilizzo quindi le cinture colorate per i bambini.
Ogni anno imposto una linea di pratica toccando diversi aspetti e diversi argomenti (ad esempio, l’anno scorso abbiamo introdotto l’utilizzo delle armi negli esami) ed alla fine dell’anno si fa un esame con alcune delle tecniche che abbiamo praticato durante il corso. Normalmente l’esame è uguale per tutti i gradi (diventerebbe troppo complesso preparare diversi esami), ma sto pensando di introdurre delle novità nel prossimo futuro.
All’interno delle lezioni per bambini hai introdotto degli elementi che non appartengono a quelle degli adulti?
Si, per creare delle lezioni strutturate ho dovuto implementare sia esperienze che competenze personali. Da giovane ho praticato la scherma e alcune delle attività motorie che ho inserito nelle lezioni derivano dalla preparazione fisica che facevo in quegli anni. Inoltre la mia professione mi ha dato conoscenze abbastanza approfondite dello sviluppo delle capacità motorie durante l’età evolutiva, quindi qualche esercizio/gioco viene anche da lì. Generalmente oltre agli esercizi tipici dell’aikido faccio fare ai bambini una serie di giochi volti appunto al miglioramento della percezione e della coordinazione del corpo.
Se hai o hai avuto dei ragazzi che devono passare agli adulti, come gestisci questo passaggio?
In generale valuto con loro ed i loro genitori questa possibilità (anche perché il corso degli adulti ha giorni ed orari differenti) e magari gli chiedo di provare a partecipare a qualche lezione del corso adulti “straordinaria” tipo quelle che saltuariamente facciamo la domenica mattina nel momento in cui ci sono da preparare degli esami importanti. Ad ogni modo mi è capitato un paio di volte di fare questo passaggi, ma purtroppo i ragazzi hanno smesso poco dopo. C’è da dire che 15/16 anni sono un’età in cui entrano in ballo tanti altri “interessi”.
Una volta mi hai raccontato di aver fatto lezione a degli adolescenti in una scuola, cosa mi puoi raccontare di quell’esperienza?
Ho avuto diverse esperienze in tal senso. Ultimamente ho partecipato ad un progetto scolastico dove siamo stati invitati a fare delle lezioni in una scuola durante le ore di educazione fisica.
La cosa a cui non eravamo francamente preparati è il numero dei ragazzi con cui avremmo avuto a che fare, anche perché ho scoperto che spesso le lezioni di ginnastica vengono fatte da almeno un paio di classi insieme, con un numero medio di 40-50 ragazzini cui è stato impegnativo tenere testa. Anche perché in una platea così grande e variegata ce ne sono sempre almeno 5-6 poco collaborativi che influiscono negativamente sullo svolgimento dell’attività.
Credo che un modo più interessante e proficuo potrebbe essere quello di portare le classi in dojo, ovviamente a gruppi più piccoli.

Questo aspetto credo sia molto importante da far passare ai ragazzi. Il cercare di diventare bravi e migliorare per far diventare bravi anche gli altri, in uno spirito di crescita comune.
Qual è secondo te il valore principale della pratica del ki-aikido per i bambini?
E’ invero una riflessione che mi sono posto più volte, e la cui risposta è molto ampia e ad adesso non definita completamente.
Sicuramente la risposta va cercata nella natura stessa dell’aikido, che è volta al non creare conflitti, nel capire come ricevere la tecnica senza subirla, collaborando a farla riuscire meglio. Questo aspetto credo sia molto importante da far passare ai ragazzi. Il cercare di diventare bravi e migliorare per far diventare bravi anche gli altri, in uno spirito di crescita comune.
Ecco, forse questo aspetto è proprio peculiare di quello che facciamo.