Durante il seminario di Novara alla metà di febbraio il Doshu aveva ricordato come i samurai si fossero trovati impreparati di fronte al cambiamento del loro mondo, avvenuto nella seconda metà dell’Ottocento e di conseguenza aveva affermato che le persone che fanno aikido hanno l’obbligo di immaginare un mondo diverso adesso per non trovarsi impreparati di fronte a una trasformazione improvvisa e violenta nel futuro. La sua riflessione era ovviamente legata al cambiamento climatico, ma in meno di tre settimane un cambiamento di tipo diverso è arrivato per davvero.
Due settimane dopo eravamo di nuovo con il Doshu, stavolta a Sesto Fiorentino. Venerdì era stato il giorno di Codogno e del paziente zero e la domenica a pranzo commentavamo che il problema sarebbe stato quello dei posti in terapia intensiva che mancavano e che solo un paio di settimane di chiusura in stile “cinese” avrebbero distrutto l’economia. Allora l’immaginazione non ci ha fatto difetto.
All’inizio del lockdown pensavo tra me e me: “Però! Sarebbe bello uscire da questo periodo cambiati, magari delle persone migliori. Sai, la crisi…l’ideogramma cinese…pericolo ma anche opportunità…Ma queste sono robe buone al massimo per una canzone dei Bluvertigo. Uscirò da questo periodo che sarò lo stesso di sempre.” Adesso che la Fase 2 è iniziata posso confermare di non essere uscito dal lockdown troppo diverso da come ci ero entrato. L’unica cosa che forse per me è davvero cambiata è il modo di stare insieme a Pietro. Trascorrendo per necessità più tempo insieme a mio figlio, questo tempo ha assunto naturalmente connotati diversi.
La necessità si è quindi trasformata davvero in un’opportunità positiva, ma questa è un’altra storia.
Venendo all’aikido, una quindicina di anni fa un periodo di lontananza dal tatami così lungo mi avrebbe sinceramente addolorato. In questi tre mesi invece l’aikido non mi è mancato, anzi è stato con me ancora più del solito. Ho praticato molto da solo, sia nage che ukemi (e credetemi, di immaginazione ce ne vuole parecchia!) Ho intensificato la respirazione e ho fatto misogi. Ho iniziato a praticare jo e bokken invertendo la posizione delle mani per amore della simmetria e nella speranza di migliorare le mie abilità generali con gli strumenti.
Ho praticato mae-ukemi sul pavimento, immaginando ottimisticamente che fosse un po’ meno duro di qualche anno fa, seguito a ruota da quei magnifici matti dei miei compagni di pratica della Tana delle Tigri di Bologna.
Ho seguito su toitsu.dk le lectures del Doshu e ho cercato di applicarne alcuni consigli. Tante risposte (e quindi tante domande) sono state davvero proficue: molte cose mi sono apparse più chiare nel modo in cui le ho trovate scritte. Penso sia stata un’iniziativa davvero preziosa, da una parte per la generosità di Sensei che si è messo a disposizione della propria comunità venendo a patti – immagino – con alcune sue convinzioni rispetto all’insegnamento e dall’altra per i sentimenti che emergevano dalle domande: paura e incertezza per il futuro unite alla voglia di non fermarsi e di approfondire le cose per trovare un senso ancora più concreto nella pratica. Soprattutto per il “dopo”.
E adesso? Quando è iniziato il lockdown mi soffermavo – come tutti penso – a immaginare come sarebbe stata la ripartenza. Adesso ci siamo, con tanti dubbi in testa. Gli stessi che ci scambiamo con gli amici: la distanza? Le mascherine? La pulizia? Gli spogliatoi? La ventilazione? E poi, torneranno le persone a praticare? O Aspetteranno impaurite fino all’uscita del vaccino?

Quello che a febbraio immaginavo di fare in estate, se come speravo avremmo potuto tornare a praticare insieme, era organizzare una sorta di seminario/festa per celebrare la rinascita.
E non ho abbandonato l’idea. Sono fiducioso e l’estate è lunga.
Per il momento sono tornato a praticare al parco con una compagna del dojo. Come ho scritto sopra l’aikido non mi è mancato molto in questi mesi, ma la sensazione di benessere che mi ha lasciato addosso lavorare con un’altra persona seppur a 3-4 metri di distanza è stata notevole e confortante.
Ho realizzato infatti che alla fine, seppur da solo, non posso fare a meno di praticare aikido, anche immaginando un ukemi o un nage. Ma allo stesso tempo non posso immaginare di smettere di farlo condividendo uno spazio fisico con qualcun altro.
Non ci fermeremo mai!