In questo momento particolarmente difficile per la nostra Scuola, come molti, ho riflettuto su quali strade percorrere, sia singolarmente che collettivamente, per continuare questo “viaggio interiore” lungo il quale Sensei ci ha finora guidato.

Negli ultimi tempi ho avuto l’occasione di tradurre per Sensei diversi scritti, sottotitoli e lezioni, dall’inglese all’italiano e viceversa, quindi sono andato a riprendere in mano un po’ del materiale che avevo. Con mia sorpresa ho constatato che ultimamente uno degli argomenti che gli erano più cari era proprio il futuro.
Quelle che seguono sono mie idee ed opinioni personali ma partono da considerazioni su quei materiali.
Confrontandomi sul tema con altre persone della nostra Scuola, sia in Italia che all’estero, mi sono convinto che spesso organizzazione (con la minuscola) ed Organizzazione (con la maiuscola), due termini ben distinti, vengono confusi. L’Organizzazione (maiuscola) è una associazione di più persone finalizzata al perseguimento di scopi comuni, pensiamo ad un’Azienda o una Onlus. L’organizzazione (minuscola) è la struttura delle relazioni umane tra le singole persone all’interno di un gruppo per svolgere una o più attività.
Vorrei chiarire subito un concetto, non pongo una questione morale, non voglio parlare di quale approccio sia giusto o sbagliato. Il mio vuole essere un discorso di efficacia, puramente pratico e calato nel nostro piccolo contesto, tenendo presente che qualsiasi soluzione ha pro e contro.
Sensei si è occupato, nelle sue lezioni e nel suo insegnamento, di come gruppi di individui si potessero organizzare per raggiungere obiettivi comuni. Molti possono raccontare di come, durante gli stage al Furusato, i praticanti si cimentassero insieme in attività non strettamente correlate all’Aikido, come la costruzione di un forno, la pulizia della struttura, la manutenzione del giardino o delle grondaie.
Un primo modello di organizzazione di cui parlava con poco favore era quello che lui definiva di tipo “politico” cioè un modello calato “dall’alto”, dotato di struttura e funzioni interne predeterminate ed i cui ruoli sono investiti di potere decisionale e status.
Un’organizzazione di questo tipo può essere articolata su livelli e la sua struttura interna tipicamente resta stabile nel tempo. Tutto ciò incoraggia una naturale inclinazione ad interpretare i ruoli di responsabilità in chiave gerarchica e promuove l’uso della parola come strumento di persuasione o come mezzo per risolvere i contrasti. Un simile modello organizzativo funziona grazie alla capacità di preservare la propria struttura piramidale e di convincere il maggior numero possibile di persone o almeno creare ampio consenso.
E’ chiaro che con una simile organizzazione (minuscolo) tra gruppi, la cosa fondamentale è l’Organizzazione (maiuscolo), che ha precedenza sia logicamente che cronologicamente e a cui si dovranno adattare le persone e le loro relazioni. Inoltre, in questo contesto la presenza di un’Organizzazione garantisce l’applicazione ed il rispetto della struttura che si desidera mantenere. Le grandi aziende e gli eserciti funzionano in questo modo da secoli.
A mio modesto avviso tuttavia i modelli legittimati solo dall’alto, pur garantendo maggior “stabilità”, hanno lo svantaggio pratico di limitare la capacità di innovazione e di evoluzione di un gruppo, soprattutto nel caso in cui le novità dovessero mettere in discussione l’ortodossia dominante o la staticità stessa della struttura. Il prezzo per l’estrema stabilità è una rigidità immutabile che sarebbe una perdita enorme se comparata allo spirito innovatore e non convenzionale che Sensei ha sempre avuto da quando ho memoria nei confronti dell’Aikido.
L’alternativa con un esempio
Un’alternativa è il modello organizzativo opposto, che potremmo definire “dal basso”, in cui l’organizzazione di un gruppo di individui avviene in modo più naturale, a seconda delle necessità e degli obiettivi emergenti. Il risultato è una struttura più fluida e quindi meno rigida e piramidale. In questo caso sono le dinamiche interne ai singoli gruppi a venire prima, sia cronologicamente che logicamente e solo in seguito, col tempo e la necessità eventualmente verrà l’Organizzazione ma questa volta come strumento utile, non come fine ultimo.
A tal proposito c’è un esempio che Sensei faceva spesso e che può essere riassunto in questo modo.
Ipotizziamo di essere parte di un piccolo gruppo di persone lontane dalla civiltà, è arrivato l’inverno e siamo tutti esposti al freddo, per cui abbiamo l’esigenza immediata di costruire un riparo. Dal momento che l’alternativa è morire di freddo, tutti o quasi, ci adoperiamo per la costruzione al nostro meglio.
Supponiamo che nel gruppo ci sia una persona che ha già esperienza di costruzioni, probabilmente sarà lei o lui che, con l’avanzare dei lavori, “guiderà” l’opera, fornirà consigli e aiuto ai meno esperti, si sobbarcherà i compiti più delicati e così via.
Questa, per chi è familiare con temi di gestione di progetto, coincide con la definizione di leadership dal basso (o anche servant leadership) ed è spesso portata come esempio in contrasto alla leadership dall’alto (boss leadership).
Occorre notare inoltre che in questo esempio non esisterà un leader permanente, perché se domani la nuova esigenza fosse quella di dover pescare, cacciare o coltivare, forse il leader più adatto sarà un’altra o un altro. Più che legittimarsi dall’alto un “servant leader” deve emergere dal basso per rispondere ad un obiettivo preciso, se cambiano gli obiettivi la struttura organizzativa cambierà in accordo alle necessità.

Da questa storia emergono due fattori determinanti:
- Esiste ed è condiviso uno specifico obiettivo che sia in grado di unire più persone, anche se queste non saranno la totalità o la maggioranza;
- Se il “mastro carpentiere” dell’esempio fosse stato imposto dall’esterno o dall’alto tutto il processo di crescita del gruppo si arresterebbe, non potrebbe emergere alcun leader naturale, sarebbe molto difficile condividere il fardello delle responsabilità con il capo e responsabilizzare i singoli e si potrebbero generare tensioni che porterebbero il gruppo a dividersi.
Ovviamente non si sta invocando l’anarchia ma credo che, in un contesto estremamente incerto come quello presente, mantenere adattabilità organizzativa e condividere gli oneri di conseguenza possa portare benefici.
Pur senza dimenticare che se non altro per motivi burocratici, una Organizzazione può essere uno strumento molto utile per tutelare gli interessi di un gruppo di individui ma comunque io la vedrei come una tappa intermedia, non come il punto di partenza del viaggio o come una scorciatoia.
Nella sua ultima lettera ai Dojo, lo scorso Dicembre, Sensei per il futuro svolgimento dei seminari, scriveva quanto segue:
“Ogni dojo deve trovare una via per svilupparsi da solo. Per questo motivo io penso che sia meglio che ogni dojo, o comunque più dojo, organizzino insieme dei seminari”
Rimettendo tutto insieme
Il mio suggerimento è che i singoli dojo si trovino insieme, speriamo presto anche in presenza, per organizzare eventi, lezioni locali, seminari ed iniziative culturali. Tutte le difficoltà che affronteremo e tutti i piccoli ripari che costruiremo lungo il percorso contribuiranno a formare quel tessuto di relazioni tra praticanti e tra istruttori che sarà necessario alla nostra stessa sopravvivenza come Scuola. Solo in questo modo potremo, ciascuno con il proprio piccolo contributo, portare avanti, giorno dopo giorno, l’Arte che abbiamo deciso di praticare e che amiamo.
In mancanza della nostra Guida, che è stato un custode capace di mantenere ma anche di evolvere e sviluppare la Via che abbiamo deciso di percorrere, sarà adesso responsabilità di tutti contribuire a far sì che quella Via rimanga aperta per noi e per chi è con noi, essendo sempre consapevoli che quella Via non appartiene a nessuno in modo esclusivo ma che è di tutti e che tutti dovranno prendersene cura.
Durante uno dei suoi ultimi seminari, Sensei ha detto “Io non ho insegnato il mio Aikido, ho insegnato il vostro”.
Un’ultima cosa, a titolo personale oltre che della redazione di Ki No Nagare, Grazie Sensei, condividere la Via è stato un privilegio immenso.
